lago vivo

Escursione al Lago Vivo

Spesso la vita ci pone di fronte ad un bivio. Nelle soleggiate domeniche di fine autunno e per tutto l’inverno, quello che spesso mi appare davanti è se rimanere a dormire sotto il piumone o alzarmi presto per andare in Montagna. Non nascondo che la prima strada ogni tanto è d’obbligo ma la seconda è sicuramente quella che scelgo più spesso e della quale non mi pento proprio mai.

Ed è così che ieri mattina, organizzatomi con alcuni nuovi amici, sono partito per l’Aruzzo per raggiungere uno dei luoghi forse più suggestivi dell’intero Parco, il Lago Vivo.

Lago Vivo

La sua caratteristica principale è anche quella che le dà il nome e cioè la sua notevole mutevolezza al cambiare delle stagioni. E’ uno di quei posti di cui non ci si stanca mai, che trovi diverso ogni volta e nel contempo egualmente magnifico. Sulle sue sponde si intrecciano storie di escursionisti, lupi, orsi, cervi, storie di ghiaccio, neve e grandi venti. Si respira l’aria di un luogo incantato, si percepisce il suo ritmo lento e ci si adegua ad esso piacevolmente. Leggende narrano di elfi e di fate. Non si fa fatica a crederci quando si arriva qui.

Per raggiungere il Lago Vivo ci si dirige verso Barrea, una delle perle del Parco Nazionale D’Abruzzo, Lazio e Molise, incastonata sull’omonimo lago. La si supera, si va verso Alfedena e dopo circa tre chilometri, al primo vero curvone a sinistra, ci si ferma al cartello che indica l’inizio del sentiero K6.

Si segue il sentiero pianeggiante per meno di un chilometro fin quando non si trova il bivio per il sentiero k4 che si immette nel bosco e attraversa il vallone dell’inferno. Lo si risale, prima in maniera dolce e man mano in maniera sempre più ripida, attraversando uno splendido bosco di faggi e macigni ricoperti di muschio verdissimo. Le foglie cadute, in questo periodo dell’anno, nascondono piccole rocce scivolose che risulteranno un po fastidiose ridiscendendo.
Il rumore del vento sulle cime rimbomba nel vallone dando la sensazione di essere vicini ad un fiume in piena.

Anfiteatro Carsico

Dopo circa un’ora e un quarto di salita la strada rispiana, si riprende fiato. Siamo nel punto più alto dell’escursione, 1 675m slm. A questo punto si cammina per un ulteriore quarto d’ora fino a quando la faggeta si apre e si presenta il grande spettacolo della conca carsica in cui è custodito il lago o ciò che ne rimane in estate.

Sembra di stare sulle dolomiti alla presenza di uno scenario tipicamente alpino. Tutt’intorno le cime più alte del parco, lo Iammiccio, il Tartaro, l’Altare e la più alta di tutte, il Petroso (2249m).

Foto di gruppo

L’emozione quando si raggiunge la conca è tanta. Ho visto gli occhi dei miei compagni di avventura brillare ed i miei avevano il sorriso dei giorni belli. Non ci siamo fatti spaventare nemmeno da un fortissimo vento che soffiava tanta era l’eccitazione. Purtroppo non abbiamo incontrato animali scesi a bere.  Ci siamo detti che torneremo in primavera, allo scioglimento dei ghiacci. Sarà un’altra emozione, sarà un’altra giornata magnifica.

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